Sfruttamento Sessuale
Lo sfruttamento sessuale, soprattutto in strada, è la manifestazione più evidente e conosciuta del fenomeno della tratta.

La prostituzione migrante è diventata maggiormente presente a partire dalla fine degli anni ’80, dapprima con il coinvolgimento di persone provenienti dall’Est Europa, dal Brasile, successivamente anche da altri paesi che si caratterizzano per l’alto indice di povertà, il mancato riconoscimento dei diritti, mancanza di opportunità lavorative, forte divario tra classi sociali.

Proprio facendo leva sulla disperazione e sul bisogno di sfuggire a tali difficili condizioni, si è incrementato un sistema strutturato di induzione e sfruttamento gestito da organizzazioni criminali operanti su scala transnazionale, in alcuni casi con metodi coercitivi estremamente violenti e con uno stretto controllo delle vittime, come nel caso delle organizzazioni albanesi o dell’Europa dell’Est, in altri casi con metodi di “persuasione” e ricatto più subdoli, legati a credenze magico-religiose, come nel caso delle donne nigeriane.
Di conseguenza il sistema attuale si caratterizza per modalità di reclutamento, assoggettamento e sfruttamento differente, a seconda della nazionalità e dei contesti di provenienza delle vittime: il rito juju e il debt bondage per le nigeriane, raggiri e violenza per le rumene e in generale per le ragazze dell’est Europa.
A rendere ancora più complesso il meccanismo di emersione ed affrancamento dalle reti di sfruttamento si aggiungono il senso di riconoscenza di diverse vittime verso gli sfruttatori per l’aiuto ricevuto per raggiungere l’Europa o i legami sentimentali con lo stesso sfruttatore che influiscono non poco sulla percezione del proprio ruolo di persona sfruttata.

Nell’ambito del progetto In.C.I.P.I.T., le unità di contatto (UdC) rivolte alle persone che si prostituiscono, si propongono l’obiettivo dell’emersione delle vittime, finalizzata ad una possibile uscita dai percorsi di sfruttamento. Attraverso una metodologia basata sull’instaurazione di una relazione di fiducia, vengono offerte informazioni sui percorsi di affrancamento dalla condizione di sfruttamento e vengono attuate azioni volte alla riduzione del danno, proponendo, altresì, orientamento e accompagnamento ai servizi socio-sanitari del territorio.
Le equipe che compongono le unità di contatto sono multidisciplinari e hanno la caratteristica di gruppi di lavoro che agiscono secondo uno schema ben delineato: programmazione, attuazione e registrazione dell’uscita. Viste le diverse nazionalità di “sex worker” presenti sul territorio calabrese, tutte le unità di contatto si avvalgono della presenza indispensabile di mediatrici interculturali che sono parte integrante dell’equipe.

Il lavoro svolto dalle unità di contatto sia nei luoghi di esercizio della prostituzione che nell’indoor (appartamenti, centri massaggi, night club,etc), è uno strumento ottimale che funge da antenna sul territorio calabrese, utile all’osservazione e alla rilevazione di dati nei territori interessati dalla presenza delle sex workers, ma anche indispensabile per l’analisi delle dinamiche relative alla manifestazione e ai mutamenti del fenomeno dello stesso nelle aree attenzionate.

L’emersione dello sfruttamento sessuale viene garantito anche attraverso l’attività di consulenza svolta dagli operatori di progetto sia attraverso sportelli drop-in sia su richiesta delle Commissioni territoriali per il Riconoscimento della Protezione Internazionale, del Tribunale, delle FF.OO., di CAS e altri enti e servizi, seguendo un approccio multi agenzia di individuazione e presa in carico delle vittime
 

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